Perché ho deciso di cambiare vita

Diciamolo subito, così ci leviamo il dente: ho 38 anni.
In realtà praticamente 39, ma poco meno di due mesi contano come un secolo e perciò è bene specificarlo.
Sono in quella fase della vita in cui o si tace la propria età, o la si smussa finché il limite della decenza lo consente, o la si sbandiera davanti all’interlocutore alzando un sopracciglio e assumendo un’aria aggressiva, come a dire: “Sì esatto, hai capito bene, E QUINDI?”
Stavolta però quasi quasi mi sento orgogliosa di digitarla nero su bianco, perché sottolinearla aggiunge quel po’ di sfrontatezza che ho deciso di regalarmi.
E allora lasciatemelo dire a voce alta, così che io stessa riesca a rendermene conto:

Ho 38 anni, praticamente 39, e il 9 gennaio 2014 ho deciso di cambiare vita e di trasferirmi (almeno per un po’) a Chiang Mai, Thailandia del nord. 

cambiare vita, thailandia

Chiang Mai vista da sopra le mura della città vecchia.

Cosa aveva la mia vita di così terribile da farmi prendere una decisione tanto drastica? Nulla. Avevo un lavoro interessante, un rapporto molto stretto con la mia famiglia, alcuni preziosissimi amici con cui condividere esperienze, stupidaggini e momenti bui. Il tempo e il modo di coltivare i miei interessi. Qualche grossa imperfezione sul piano sentimentale, è vero, ma non si molla tutto per la mancanza di un rapporto stabile. Di solito, anzi, andarsene è il modo migliore per precluderselo.
Non avevo fatto sgarbi a nessuno, almeno consapevolmente. E non avevo conti in sospeso con la legge (vi pregherei di non considerare il sit-in degli agenti della RAI davanti a casa mia per riscuotere il canone).
Nulla di concreto, insomma, nulla di sensato che potesse un giorno farmi dire “Ok è arrivato il momento di cambiare aria”. O quanto meno che potesse giustificarlo agli occhi della società.
Eppure quella frase io l’ho detta. Anche se non è stato facile, l’ho detta eccome.
Perché? Perché ogni volta che pensavo alla mia vita – soddisfacente, tranquilla, felice a modo suo – e la proiettavo in avanti in modo indefinito, come se dovesse durare per sempre, improvvisamente mi mancava l’aria.
Alcuni elementi, in particolare, facevano scattare la sensazione di cappio al collo:

1) Nascere, vivere e morire nello stesso luogo in un pianeta esteso 510 milioni di km2: quale spreco!2) Passare 3 giorni a settimana davanti a un computer chiusa dentro un ufficio, cercando di ricordare a me stessa che da qualche parte là fuori c’erano un orizzonte e un mondo che pulsava. Ho sempre guardato con un misto di sgomento e ammirazione chi riusciva a prolungare quell’agonia fino a 5-6 giorni su 7. Ogni settimana. Per tutta la vita. Senza lavorare non si vive, lo so persino io, ma vivere per lavorare è sempre stata la mia personale idea di inferno.3) Ok, diverse esperienze negli ultimi anni mi avevano convinto che siamo anime di passaggio in questo mondo bizzarro e che questa vita non è che una delle tante incarnazioni che ci aspettano, una tappa di un entusiasmante tour de force di evoluzione esistenziale. Ma se mi fossi sbagliata? Se avesse avuto ragione il credo con cui sono cresciuta e questa vita fosse in realtà l’unica a mia disposizione?
Ciotole per il rito dell'elemosina in un tempio buddista.

Ciotole per il rito dell’elemosina in un tempio buddista.

4) Quegli accidenti di capelli bianchi. Due per la precisione, spuntati dal giorno alla notte come un pennacolo sulla mia testa per sbattermi in faccia il tempo che passa. E quell’amica, sorpresa da un male inaspettato. E i miei genitori, per fortuna ancora in ottima forma ma, inutile negarlo, sempre più settantenni di quando erano sessantenni. E quella fortissima, inesorabile sensazione di precarietà, che annusavo e vedevo ovunque. Il tempo fugge, non c’è santo che tenga.

5) La sicurezza – di lavoro, di stipendio, di rapporti, di vita – mi ha sempre spaventata. Ho sperato per tanto tempo che non fosse così ma è arrivato il momento di ammetterlo: la sicurezza mi toglie sicurezza. Così come la routine. Uccide la mia creatività, mi fa accoccolare nella bambagia trasformandomi in bambina piccola bisognosa di tutto e dimentica di sé. Da sempre è l’insicurezza a tirare fuori la mia parte migliore. Privatemi dei miei punti di riferimento e mi vedrete sbocciare.

E tu? Non hai mai avuto la sensazione che ci fosse qualcosa che non andava nella tua vita?
No, non parlo di quelle fossettine orrende che si formano sulle tue gambe e che l’estate rivela impietosa. E nemmeno di quel milione che ti manca giusto giusto per diventare milionario.
Parlo di qualcosa di molto più profondo, ma anche più sottile.
Parlo di quella nota stonata che ogni tanto senti in sottofondo. Di quella macchiolina sugli occhiali che si stampa proprio lì in mezzo a quello che stai guardando.
Se hai mai provato questa sensazione sai a cosa mi riferisco.
Non è che pensi che la tua vita sia sbagliata. È solo che senti che potrebbe essere meglio.
Non cerchi la perfezione, nient’affatto: sai che non esiste. Vuoi solo cercare di allinearti con la parte più vera di te, con tutto quello che questo può comportare.
E no accidenti, non stai scappando da te stesso. Spiegalo bene questo punto, perché è la prima cosa che ti diranno. Non stai scappando: stai inseguendo ciò che desideri essere. C’è una signora differenza.
Ora prova a chiudere gli occhi e a pensare un momento a come potrebbe essere la tua vita. Ho detto: la tua vita, non quella che ci si aspetta da te. Non quella che hai promesso a qualcun altro. Quella per cui pensi di essere nato. Prenditi un po’ di tempo per studiarne i dettagli; sentine il sapore, percepisci le sensazioni che ti suscita. Fatto?
Ora riapri gli occhi e guardati attorno. È questo il lavoro che vuoi fare ogni giorno? È questo il viso che vuoi vedere ogni mattina quando apri gli occhi? È questa la vita che vuoi vivere?
 

Non c’è una risposta giusta e una sbagliata
. Siamo esseri unici e ognuno di noi è fatto in modo diverso dagli altri.
Conosco persone che non cambierebbero mai la propria vita perché sono felici di fare ciò che fanno e di essere esattamente dove sono.
Ne conosco altre che NON fanno ciò che li farebbe stare bene e non ne hanno affatto coscienza.
Ne conosco altre ancora che sanno di non stare vivendo la vita che vorrebbero ma relegano questo pensiero in un angolino del proprio cuore e forse si rimproverano persino per essere così infantili e sognatori.
Conosco, infine, persone che hanno deciso che essere sognatori è un pregio, non un difetto, e che essere infantili è un modo meraviglioso per non dare nulla per scontato.
Io ci ho messo una vita, ma finalmente ora so a quale categoria voglio appartenere.

12 commenti

  1. Grazie Kim, sì è vero convivono due anime in questa città: ipermoderni centri commerciali e poi una cerimonia toccante come quella del Makha Bucha a cui ho assistito questa sera: sembrava di essere davvero fuori dal tempo!
    Quanto ti sei fermata a Chiang Mai?
    Grazie per la dritta, ci farò un salto sicuramente,anche se la colazione tendo a farla a "casa".. ma è tuo il blog?

  2. Grande Simo io mi sono innamorata di quel mondo quando sono andata… pieno di pace e di angoli in cui davvero meditare sul SE STESSI… un bacio e bellissimo il tuo articolo n.2 aspetto cin ansia il n. 3!!!!

  3. È vero, è un luogo che porta molto a "meditare" su se stessi, ma è anche vero che questo diventa quasi automatico ogni volta che siamo lontani dai nostri punti di riferimento. I cambiamenti sono sempre degli ottimi insegnanti!
    p.s. Grazie dei complimenti..chiunque tu sia! 🙂

  4. per esperienza posso dirti che spesso (non sempre, perché ogni situazione è a se stante) sembra più difficile di quello che è… il passo più difficile è il primo, poi, fatto quello, tutto sembra scivolare più liscio 🙂 in bocca al lupo, faccio il tifo per te!

  5. Andrea

    Ciao Simona, mi ero già imbattuto sui tuoi articoli ma non avevo mai commentato, considerando che si tratta di parole lasciate oramai diversi anni fa. Lo sai già che sei brava ma ti faccio i complimenti per come scrivi. È davvero un piacere leggerti.
    I tuoi racconti e l’idea di come stai riuscendo a trascorrere la vita mi fanno battere il cuore.

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