Nomadi digitali: questi sconosciuti

nomadi digitali

Chi sono i nomadi digitali?

Ancora oggi, due anni dopo il mio battesimo come nomade digitale, mi tocca ascoltare commenti del tipo “Ma sei sempre in vacanza!” o “Beata te, che te ne stai tutto il giorno sotto una palma!” E se i primi tempi mi offendevo a morte – ma come, con tutta la fatica che ho fatto per cambiare vita, dopo questo parto gemellare compiuto senza uno sputo di anestesia mi dai pure della fancazzista?! – adesso la prendo con più filosofia. Perché tocca ammettere che non è facile da fuori capire cosa significa essere nomadi digitali.
E nemmeno da dentro, a dire la verità.
Il web e i giornali online cercano disperatamente di trovare una definizione chiara e definitiva del nomadismo digitale, battaglia persa in partenza perché a seconda della voce che si ascolta il nomade digitale è quello che…:

  • lavora 4 ore a settimana (accidenti a te, Tim Ferris) / lavora un numero imprecisato di ore, giorno e notte;
  • lavora a bordo piscina (dimmi dove sei, essere mitologico, che ti voglio intervistare!) / lavora chiuso in un coworking;
  • guadagna un pacco di soldi / è una versione tecnologica del backpacker squattrinato che si arrabatta tra ostelli e bancarelle di street food.

E il bello è che queste voci – e le decine, centinaia di sfumature che si trovano in mezzo… hanno tutte ragione! Perché se esiste categoria ampia e variegata a questo mondo, è proprio quella del nomadismo digitale. Persino Wikipedia versione italiana ha gettato la spugna.
L’unica cosa certa, che poi sono due, è che il nomade digitale lavora su internet viaggiando ed è location indipendente. Poi, per quanto riguarda il resto, ognuno la vive a modo suo, come è sacrosanto che sia.
Perciò non vi dirò chi sono i nomadi digitali (se proprio non sapete stare senza una definizione cercatela là fuori da qualche parte, ne troverete in abbondanza, ad esempio qui, oppure qui). Vi dirò solo cosa significa per me essere diventata editor nomade digitale.

Innanzitutto…

Essere nomade digitale è un privilegio

Il privilegio di potere unire la passione per la scrittura e quella per i viaggi. Un privilegio che non è piovuto dall’alto, ma che mi sono sudata, e per la verità mi sudo tuttora. Ma indubbiamente un privilegio.

Essere nomade digitale è un impegno a tempo pieno

Essere “capo” di se stessi è inebriante, è vero, ma richiede enorme disciplina (per la qui presente qualcosa di disumano), studio e formazione continui, oltre alla necessità di reinventarsi (quasi) ogni santo giorno. Che è la condanna e la bellezza di questo stile di vita.

Essere nomade digitale è una filosofia di vita

… che ha a che fare con il consumare meno (e meglio), il liberarsi del superfluo, l’arricchirsi più di tempo che di cose, il dedicare tempo ed energie a ciò che fa stare bene. Questo significa anche, per me, la (ri)scoperta dello scambio lavoro: Helpx, Workaway, Wwoof, Banca del tempo.
Quello per il work exchange è un amore antico, iniziato ai tempi dei miei viaggi in Australia, quando con il Wwoof riuscii a intrufolarmi in alcune situazioni comunitarie davvero interessanti. Appartengono invece ai tempi più recenti della mia storia di nomade digitale l’esperienza con Helpx, che mi ha permesso di lavorare in un b&b di Catania, facendomi conoscere una delle terre più belle del mondo, la Sicilia, mentre è stato grazie alla Banca del Tempo di Cesena che ho passato una settimana densa e ispirativa in un rifugio delle Foreste Casentinesi.

Infine (ma poi sarebbe in primis)…

Essere nomade digitale è un mezzo per diventare migliore

… attraverso il confronto con culture diverse, la condivisione (tasto ancora da perfezionare),  la sperimentazione, la consapevolezza di me stessa e la coltivazione dei miei talenti. Il guardare dritto negli occhi le mie paure.

Se ancora non ti ho annoiato e vuoi saperne di più… leggi qui come sono diventata editor nomade digitale.

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