Devo ancora capire se è la bambina un po’ sciocca ancora viva e vegeta in me, la responsabile. O se è il mio animo da giornalista d’assalto mai domato, che tenta di scavarsi un varco.
Fatto sta che quando oggi un’amica mi ha avvertito al telefono che la legge marziale, instaurata appena 3 giorni fa, si è evoluta nel 18° colpo di stato operato in Thailandia dalle Forze Armate dal 1932, il mio primo, complesso pensiero è stato “Porca puttana”. Il secondo, più semplicistico ma forse anche più sincero, “Diamoci una mossa a fare questa doccia e usciamo in strada!”
Cercate di capirmi, però, prima di condannarmi. È il mio primo coprifuoco: che vi aspettavate che facessi? Che me ne restassi chiusa in stanza a guardare la cima dorata dello stupa mio vicino?
I postumi della febbre tropicale comprendono una stanchezza e una debolezza ataviche, così decido che questa sera è un’ottima occasione per concedermi quella lasagna di Simone sovrabbondante di ragù che occhieggio da tempo e che la partenza per il sud del paese mi ha impedito di gustare. Un’ottima occasione, soprattutto, per aguzzare le orecchie e capire da chi vive qui da tempo com’è davvero la situazione.
Al tavolino del locale raccolgo le informazioni da internet e dalle bocche degli avventori. In questi casi ci sono sempre una tacita gara a chi la sa più lunga e una macabra rincorsa all’esagerazione, ma vero è che tutto appare confuso e contraddittorio: c’è chi sostiene che il coprifuoco riguardi solo la capitale, chi assicura che è tutto il Paese a esserne interessato.
, la città dove sono rientrata da pochi giorni, perché più occhi sostengono di avere visto i militari aggirarsi guardinghi in alcuni posti strategici. Le stesse voci che avvertono che gli stranieri che verranno trovati in giro senza passaporto saranno ripagati con una multa sostanziosa o, questione di libero arbitrio, con la galera.
Ma la notizia che alle mie orecchie appare più preoccupante di tutte è che qualche cinguettio sembra abbia svelato in modo incontrovertibile il segnale che attesta che quello che abbiamo di fronte non è folklore, ma un coprifuoco maledettamente serio: chiuderanno i 7-Eleven. Dovete sapere che i 7-Eleven non chiudono MAI e che sono quanto di più vicino a un luogo di aggregazione che la Thailandia conosca. Ho visto panchine fuori da questi negozietti trasformarsi in pub, confessionali, luoghi di dichiarazioni d’amore e separazioni irrimediabili. La chiusura di un 7-Eleven è una di quelle notizie che può gettare un’intera nazione nel panico.
Grata, e un po’ preoccupata, delle nuove informazioni raccolte, decido di tornare a “casa”. Solo che non scelgo la strada più diretta, ma la prendo alla larga: circumnavigo l’intera città vecchia per vedere che aria tira. Non sono ancora le 21 ma l’internet point che tante volte mi ha salvato la vita sta cacciando sorridente gli ultimi clienti, abituati a chattare fino a tarda notte. Persino i locali specializzati nello spillare birra a tutte le ore abbassano le saracinesche prima del tempo.
A Tapae Gate, la porta principale delle mura che delimitano il centro storico, vedo una camionetta appostata di lato e, di fianco a essa, seduti su un muretto, alcuni militari che sembrano più presenziare a una cena tra amici che a un avamposto ufficiale. Non voglio togliere autorevolezza a niente e nessuno, né tanto meno mancare di rispetto, ma davvero questi uomini in divisa che ridacchiano tra loro sembrano tutto tranne che appartenenti alla temuta Arma responsabile, nemmeno quattro ore fa, di avere dichiarato illegittimo e destituito di ogni potere il governo in carica, assumendo di fatto il controllo del Paese fino a data da destinarsi.
Passo davanti ai militari lanciando occhiate furtive nella loro direzione, perché se so che fotografarli è punibile dalla legge marziale, guardarli dritto negli occhi non ho idea di come possa venire preso, ma questi rappresentanti della legge mi lasciano di stucco sorridendomi (!) e allora, improvvisamente privata di scopo, non mi resta che sorridere a mia volta e sfilarmene verso la guesthouse.
Una volta in stanza, accendo la tv. So che la legge marziale ha sancito la censura delle reti televisive, perciò non mi aspetto certo un film con Ryan Gosling, ma resto comunque sorpresa di vedere che i primi 39 (39!) canali sono sintonizzati sulle stesse immagini.
Dapprima la scena è rubata da un militare che parla a reti unificate. Naturalmente non capisco un accidenti di quello che gli sfugge dalle labbra, ma qualunque cosa dica la dice bene: è calmo, rassicurante, conosce l’arte del public speaking.
L’ultima traccia di preoccupazione svanisce però quando, terminato il discorso, appare un’immagine fissa con cinque non meglio identificati (da me, naturalmente) stemmi e sotto la scritta “National Peace and Order Maintaining Council”. La musichetta allegra da gita scolastica che accompagna le immagini conferma quanto già si avvertiva nell’aria: in Thailandia niente è normale, figuriamoci un colpo di stato.
Pace e Ordine. Non so a voi, ma a me queste due parole fanno intravedere all’orizzonte lo spiraglio di una notte serena.
Mi affaccio alla finestra. Per la prima volta la strada è vuota e sui muri si arrampica un silenzio innaturale.
Dormirò benissimo, questa notte, ne sono certa.