Non mi sono mai piaciute le feste chiassose, la musica alta, l’obbligo morale di non potere andare a dormire prima delle tre. Soffro quando le serate si trascinano al solo scopo di non finire. Soprattutto, odio i botti. Come potrei amare il Capodanno?
Appunto. Per questo negli ultimi anni l’ho passato a casa da sola, o in qualche ritiro, o a scrivere con il mio coinquilino pensieri e punti esclamativi su foglietti di carta che poi bruciavamo a scopo catartico.
Per una così, ritrovarsi a festeggiare tre capodanni nell’arco di soli quattro mesi non può essere che karma.
1° CAPODANNO: CAPODANNO OCCIDENTALE, 31 DICEMBRE-1 GENNAIO 2014
Durante il primo capodanno di quest’anno ero ancora in Italia. Dieci giorni dopo sarei partita per la Thailandia con data di ritorno incerta e volevo trascorrere qualche ora a dire stupidaggini con alcuni tra gli amici più cari, sapendo che non li avrei rivisti per un po’. Una cena tranquilla, un gruppo non collaudato ma subito affiatato, alcune discussioni serie (poche) e chiacchiere meravigliosamente stupide (tante): tutto quello che mi serve. Ciliegina sulla torta, il Trivial di fine serata.
Soprattutto, nessun botto.
2° CAPODANNO: CAPODANNO CINESE, 31 GENNAIO 2014
Il secondo capodanno l’ho passato nella Chianatown di Chiang Mai. L’anno del cavallo e tutti i suoi buoni auspici mi hanno accolta più freddi e commerciali di quanto avessi sperato: poche maschere di drago in giro, in ricordo del vecchio antropofago Nian (1), ma in compenso un trionfo di bancarelle con ogni cosa commestibile che vi venga in mente, e soprattutto con tutte quelle che non vi vengono in mente. Qualche coreografia carina sui palchi, le lanterne rosse, gli abiti tradizionali lunghi fino ai piedi, gli ombrellini, la presenza kitsch e bellissima dei tempi cinesi, il vero cuore stravagante di questa piccola ma radicata Chinatown.
3° CAPODANNO: CAPODANNO THAILANDESE, 13 APRILE 2014
Il terzo capodanno l’ho festeggiato ieri. Ma quello che ho salutato non è stato l’arrivo del 2014, ma del 2557(2). In Thailandia il capodanno locale si chiama Songkran(3) e dura, a seconda dei luoghi, da 1 a 6 giorni, anche se di norma i giorni sono tre: 13, 14 e 15 aprile. È festa nazionale e i thailandesi amano talmente fare vacanza che se il Songkran cade durante il w-e, i giorni di festa che saltano vengono recuperati il w-e successivo. Gli uffici pubblici chiudono, molti ristoranti abbassano le saracinesce, le persone mettono al sicuro soldi e sigarette dentro buste impermeabili che appendono al collo e poi si avventurano fuori in mezzo alla battaglia.
Amo le iperboli quando scrivo, ma in questo caso non sto esagerando, perché di vera battaglia si tratta.
Una battaglia all’ultimo goccio.
La festa di Songkran è tante cose:
- È il capodanno thailandese e l’inizio del calendario solare, quando il sole si affaccia alla ruota dello zodiaco entrando in Ariete.
- È il capodanno del calendario lunisolare buddista, e come tale viene celebrato non solo in Thailandia, ma anche in Cambogia, Laos, Myanmar e Yunnan (Cina). Si va al tempio, si prega, si porta il cibo ai monaci, si ascolta il Dharma. Si mischiano all’acqua alcune fragranze locali e con essa si lavano le statue del Buddha per purificarle. Talvolta le statue vengono portate in giro per le strade in modo che la gente possa omaggiarle gettandoci sopra dell’acqua, questa manna dal cielo che da sempre purifica e trascina via l’impuro e il passato.
- È anche una festa celebrativa degli anziani, gli “elder”, e io questo lo trovo bellissimo. Durante il Songkran è tradizione fare visita e mostrare rispetto agli anziani, non solo i genitori, ma anche parenti, amici e monaci. Nell’omaggio, leggo, rientra anche un po’ di acqua sparsa sui palmi delle mani, sulla testa e sulla schiena.
- Songkran è, infine, la festa dell’acqua, che da strumento votivo si è fatto strumento gogliardico.
Non sono poi tanto diversi da noi i thai, non siamo solo noi a sporcare il concetto di sacralità delle feste. Per quanto, come molte altre tradizioni, anche questa venga presa molto sul serio in Thailandia, il fulcro più appariscente della festa di Songkran non è il tempio, ma sono le strade. Qui si riversano in massa thailandesi e farang, vecchi e bambini, uomini e donne, buddhisti e musulmani, tutti armati di pistole e sofisticatissimi fucili ad acqua. Sono appostati ovunque con i loro bidoni colmi fino all’orlo, e lo sono sotto mentite spoglie; magari è una mamma col passeggino che ti tradirà, magari è una vecchietta che finge di essere vecchietta e con un colpo di reni tira fuori da dietro la schiena una ciotola colma d’acqua e te la rovescia addosso. Non puoi fidarti di nessuno.
Un incubo, ho pensato quando ho scoperto che Chiang Mai era la città del Songkran per eccellenza e che i festeggiamenti si sarebbero protatti per la bellezza di sei giorni. In sette giorni qualcuno ha creato un mondo intero, dedicarne quasi altrettanti a infradiciare le persone mi sembrava francamente eccessivo, così, mentre tutti arrivavano con gli occhi già luccicanti, io ho lasciato la città contromano e me ne sono fuggita a Phuket.
Anche a Phuket, naturalmente, si festeggia il Songkran e il luogo più adatto per ricevere le agognate secchiate d’acqua è, nemmeno a dirlo, Patong, il celebre centro del divertimento più o meno ambiguo dell’isola. A Kamala, invece, ex villaggio di pescatori musulmani, tutto è atteso più sobrio.
Sei giorni sono un incubo, ma uno può essere davvero divertente. Ma non è l’unico motivo che mi spinge a indossare il costume e a trovare posti inconsueti per proteggere i soldi. Il primo è che questa è una delle feste più importanti della Thailandia, e come ci si può perdere una delle feste più importanti del paese che ti ospita? Appunto, non si può.
Il secondo motivo è che fa un caldo terribile. L’immagine di una secchiata di acqua gelida che mi cola dalla testa fino ai piedi ha la consistenza dolce di un miraggio.
La stradina che da casa di mio fratello porta all’arteria principale di Kamala si arriccia lungo il fianco della collina passando tra le case colorate dei musulmani, la moschea e copiose comunità di galline. C’è una strana atmosfera sospesa, o forse solo normale. Ogni volta che sento un motorino avvicinarsi alle spalle contraggo involontariamente i muscoli del collo aspettandomi una secchiata, che però non arriva mai.
All’inizio sono solo sorpresa, poi comincio a domandarmi se non abbia sbagliato giorno.
Quando arrivo alla strada principale che taglia Kamala in due, lo stupore diventa disappunto. Ma dove sono finiti tutti quanti??
Attraverso la strada scoraggiata e mi incuneo in una delle stradine che conducono alla spiaggia, quel tratto di terra che dieci anni fa venne raso al suolo dallo tsunami. Giro l’angolo e la sensazione assomiglia a quella di quando si arriva a Las Vegas attraverso il deserto: il mondo cambia in un soffio.
Due eserciti si fronteggiano da un lato all’altro della strada.
Se Sergio Leone fosse ancora vivo si divertirebbe a zoomare prima sugli occhi concentrati degli sfidanti, poi sulle armi che strigono in pugno, poi di nuovo sugli occhi. Sono certa che qualche secondo lo dedicherebbe anche alle labbra, aperte in grandi sorrisi.
E a un certo punto farebbe partire una carrellata, che dall’inizio della strada risalirebbe fino a una casa blu e infine a un camion dei vigili del fuoco parcheggiato davanti, tirato a lucido.
Poi lo zoom stringerebbe sul pompiere che si trova in cima al camion e che imbraccia un idrante. Lo stesso idrante che punta verso di lei, dall’altra parte della strada, l’unico essere vivente ancora asciutto che si aggira in quella parte di universo.
È a quel punto che lui fa un sorriso e apre il getto.
(1) Su questo, se vi va, potete leggere il mio articolo ‘Buon compleanno umanità!’ pubblicato qui su Lop.
(2) Il calendario thailandese parte, anziché dalla nascita di Cristo, dalla morte del Buddha (Puttha Sakkaràt) e si trova 543 avanti al nostro. Qui non solo la navicella Prometheus non è ancora partita alla ricerca degli Ingegneri che ci hanno donato la vita, ma addirittura il figlio di Marty McFly non si è ancora messo nei guai.
(3) Dal sanscrito “Sankranta”, che significa movimento, cambiamento.
Foto: Innovagirl New