Vuoi cambiare vita? Comincia col cambiare atteggiamento

Sono a Chiang Mai solo da poche settimane e già mi è stata impartita la mia prima vera lezione: non si può cambiare vita se non si cambia atteggiamento.
Come a dire: se la torta che hai fatto si è rivelata un disastro, la seconda volta dovrai cambiare qualche ingrediente se vuoi ottenere un risultato diverso.
Ma cosa significa esattamente “cambiare atteggiamento”?

Significa innanzitutto mettersi in discussione. Ricordarsi che non siamo fatti di marmo ma di pongo, e come tali possiamo (in parte) modellarci.
Significa fare qualcosa mai fatto prima.
Significa esplorare nuove opportunità e nuove parti di sé (leggete questo scambio di mail tra un nomade digitale e una signora che si chiede come fare per cambiare lavoro e “guadagnare la sua libertà”. La risposta che riceve è straordinaria: un corso di meditazione!)
Nel mio particolare caso, cambiare atteggiamento significava soprattutto abbandonare le aspettative. Quelle maledette.

Anche provare un cibo lontanissimo dalle nostre abitudini può essere un Nuovo Atteggiamento.

Anche provare un cibo lontanissimo dalle nostre abitudini può essere un Nuovo Atteggiamento.

Venendo qui mi aspettavo libertà e indipendenza. Invece ho sentito una grande, inusuale solitudine.
Ero convinta che mi sarei sentita a casa. Tutto il contrario: mi sono sentita persa.
Ero certa che mi sarebbe bastato scendere la scaletta dell’aereo per “illuminarmi” – quel tipo di sensazione, sapete, che toglie qualsiasi dubbio sul fatto di avere preso la decisione giusta. E invece l’unica illuminazione che ho visto durante le prime ore in terra thai è stata quella timidissima della luna che filtrava tra le tendine di carta velina della stanza d’albergo.

Ping River, Chiang Mai.

Ping River, Chiang Mai.

Ero arrovellata dai dubbi, i primi giorni della mia nuova vita, altro che una nuova Simona zen. Che ci facevo qui? 
Davvero avevo lasciato il mio lavoro, la mia famiglia, i miei amici e un pezzettino del mio cuore per ritrovarmi in una stanza dove non c’era nemmeno il lenzuolo sopra il letto?? Volevo una capanna di bambù, io, non questo agglomerato sgraziato di eternit sopra la testa!
E soprattutto: perché faceva freddo in Thailandia??
Nulla era come avevo sognato. Nulla stava andando secondo le mie aspettative. Sempre loro. Quelle maledette.
14 ore di volo e una vita rivoltata come un calzino non erano stati sufficienti a evitare i soliti vecchi errori: niente di nuovo sul fronte occidentale… e nemmeno su quello orientale, a quanto pareva. Che rabbia! Nemmeno nell’arte di sbagliare riuscivo a essere creativa.
Khao soi, piatto tipico del Laos e della Thailandia del nord.

Khao soi, piatto tipico del Laos e della Thailandia del nord.

Poi un bel giorno, tra un khao soi e un mango shake, mi ha attraversato la mente come un lampo. Non proprio un’illuminazione: una piccola sbirciatina dietro il velo di Maya.
Ho pensato che in fondo anche aspettarsi di non commettere i soliti errori rientrava nella categoria dei vecchi atteggiamenti. Era la solita, cara, vecchia e un po’ rompiballe me che tornava su, malgrado tutte le forze che avevo speso per spazzarla sotto il tappeto.
È stato allora, davanti al mio speziatissimo khao soi (e un giorno dovrò parlarvi di questa prelibatezza, perché la vita è un po’ più triste se non si assaggia il khao soi), che ho preso una decisione: mi sarei concessa il privilegio di sbagliare in modo banale. Di più: lo avrei fatto in modo copioso. Avrei sbagliato in maniera indegna, senza vergogna. Avrei nuotato tra i miei errori come Zio Paperone tra i dollari nel suo deposito: a testa alta.
La novità sarebbe stata il Nuovo Atteggiamento con cui avrei guardato a tutto questo.
Il Nuovo Atteggiamento sarebbe consistito nel non crucciarmi dei miei errori. Al contrario: nell’accettarli come parte essenziale di me.
Primo, perché appunto sono parte di me e disconoscerli sarebbe un po’ come rifiutare un braccio o il colore dei capelli: inutile e anche un po’ stupido.
Secondo, perché accettandoli avrei finalmente potuto zittire il Senso del Giudizio e il suo amico, ancora più subdolo: quel grande infame del Senso di Colpa, la cui specialità è rimproverarmi con voce sgraziata e petulante di non essere ciò che non sono.cambiare vita

Insomma, mentre mi destreggiavo in quell’impresa sempre affascinante che è cercare di agguantare un noodle con le bacchette senza vederlo sguizzare via come un’anguilla, ho deciso che mi sarei perdonata. Me e le mie aspettative.
E guarda un po’, è avvenuto il miracolo.
A quel punto, e solo allora, c’è stato spazio per il relax. Del corpo, che si scioglieva sotto il tocco cieco ed esperto del massaggiatore thai, e dell’anima, che trovava conforto nelle pennellate dorate dei templi e nei sorrisi regalati come vuoto a rendere (cit.) da chi non sa chi sono, quante volte ho sbagliato nella vita e non gliene può fregare di meno.


E tu? Cosa hai dovuto cambiare/rinunciare/accettare per cominciare la tua nuova vita? E cosa saresti disposto a barattare per un nuovo inizio
Puoi rispondere qualsiasi cosa. Tranne l’anima. Quella teniamocela ben stretta, che è la cosa più preziosa che abbiamo.

14 commenti

  1. Allora, adesso che ti sei vista allo specchio, davvero…che effetto ti fa? 🙂
    Ciao, sono Toni e sono contentissimo che tu mi abbia citato nel tuo blog!
    Contento e orgoglioso di aver avuto un contatto con te attraverso le mie parole. Senza essere frainteso, ti mando un bacio, un bacio di quelli che mando alle mie figlie indiane, questi baci sono capaci di attraversare gli oceani per posarsi discreti e tiepidi sulla tua guancia mentre dormi.

  2. mmm mi sa che allora è per questo che stanotte ho dormito meravigliosamente! 😉 ti dirò, lo specchio sta riflettendo cose abbastanza strane, mi sembra di essere di fronte a quegli specchi deformanti del luna park..hai presente? comunque sia è un momento davvero affascinante

  3. Ciao Simona, l'effetto deformante di certi specchi può essere molto, ma molto istruttivo! Segui le curve e gli effetti a volte irrazionali che ti si parano davanti e prosegui, senza timore finchè un giorno l'immagine che ti si presenterà sarà clamorosamente reale e splendidamente chiara.
    Da li in poi, è tutto in discesa!!!
    Un abbraccio

  4. Ho trovato il tuo blog tra le decine di notazioni inutili su FB. Sono Stefano Beci e ci siamo visti credo una volta da Fabrizio in Casentino. Ho gestito fino all'estate scorsa due rifugi sul
    Falterona. La cosa buffa è che nel 97 per mescolare una vita troppo pianificata e x domande che erano troppo forti in me partii
    x 6 mesi x Chiang Rai e ho vissuto presso un villaggio Karen lavorando x una ONG.
    Sono tornato xkè sentivo che le risposte non le avevo trovate ma le mie labbra avevano un altra piega.
    Ciclicamente mi succede di non volere più qualcuno o qualcosa che decida x me orari gusti atteggiamenti sensi di colpa..Può essere lontano può essere vicino ma sono partito.Sempre. Per questo un po capisco le tue parole.ciao

  5. ciao Stefano, sono contenta di ritrovarti qui..
    Partire può aiutare molto in periodi di confusione, ma può anche creare nuova confusione..credo che molto dipenda dal motivo per cui si parte. io ho smesso di farlo per trovare risposte, perché tanto non mi è mai riuscito, e sto cominciando a non pormi nemmeno le domande (cosa difficilissima per me!) e provare solo a fare ciò che sento e mi sembra mi renda più felice..

    Bella questa cosa dell'ong. Sono stata in un villaggio karen proprio lo scorso w-e, zona Chang Dao, mentre negli anni scorsi ho visitato i lahu, standoci più a lungo. Vorrei impararne di più sulle hill tribes e mi piacerebbe che tu mi parlassi meglio dell'esperienza che hai fatto, che cosa fa questa ong e se hai ancora qualche contatto. se ti va scrivimi in privato, un abbraccio!

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